Parvovirosi
La Parvovirosi canina è una malattia infettiva causata da virus (CPV = Canine Parvovirus tipo 1 e tipo 2a e 2b, Genere Parvovirus, Famiglia Parvoviridae).
Si pensa che il capostipite sia il virus felino (FPV) il quale, forse a seguito d’incaute manipolazioni di laboratorio, si sarebbe adattato a colture cellulari canine contaminate (utilizzate per la produzione di vaccini) ed avrebbe così ampliato artificialmente il suo spettro d’ospite.
Accrediterebbe tale ipotesi la quasi contemporanea comparsa, nei cinque continenti, di questa patologia canina che, prima del 1978 (anno delle sue iniziali segnalazioni ) , era completamente ignota nei cani, apparentemente privi, sino a qualche anno addietro, di qualsiasi traccia sierologica nei confronti di CPV (in particolare CPV2).
Purtroppo, questi virus sono molto stabili nell’ambiente ed in grado di resistere a forti concentrazioni acido basiche ed alle alte temperature.
Sono pure resistenti ad un certo numero di disinfettanti comuni e possono sopravvivere per parecchi mesi (anche anni) nelle aree contaminate. Sono colpiti tutti i canidi, anche adulti, nei quali il morbo può scatenarsi in modo molto aggressivo (soprattutto a causa del CPV2b) simulando un’infezione batterica. Rottweilers, American Pit Bull Terriers, Doberman Pinschers e Pastori Tedeschi sarebbero fra le razze maggiormente a rischio; Barboncini e Cocker Spaniels pare abbiano minori probabilità di sviluppare la forma enterica della malattia.
La mortalità associata all’infezione è compresa fra il 16% ed il 35%.
I virus si trasmettono per contatto diretto con cani infetti, ma la trasmissione indiretta, tramite materiale fecale contaminato, è una fonte molto importante di contagio. Il periodo d’incubazione è di tre/otto giorni.
Lo spargimento virale (mediante feci, urine e saliva infette) può cominciare dal terzo giorno, prima della comparsa dei segni clinici.
La diagnosi è basata su una corretta anamnesi storica e sintomatologica ed è confermata da test rapidi immunofecali o sierologici.
SintomiIn principio, soprattutto nei cuccioli di poche settimane, si osservava la forma miocarditica della malattia con
danno cardiopolmonare acuto e letale.
Attualmente, la miocardite è molto rara perché l’immunizzazione efficace delle femmine protegge i
cuccioli nel periodo neonatale. Oggi, i cani infettati possono anche essere asintomatici.
Tuttavia, dopo l’ingestione, il virus, riproducendosi, può distruggere vaste porzioni di epitelio dei villi intestinali determinando diarree sanguinolente. I batteri enterici normali (p. es. Clostridium perfringens ed Escherichia coli) o patogeni opportunisti (quali Salmonella, Campylobacter, coronavirus e vari parassiti), attraverso la mucosa intestinale compromessa, entrano nella circolazione sanguigna, con conseguente rialzo febbrile e complicazioni generalizzate.
Inoltre, il virus può moltiplicarsi nel midollo osseo e nel tessuto linfopoietico causando diminuzione dei globuli bianchi (neutrofili e linfociti) ed indebolendo le difese immunitarie. Il cane smette di mangiare e presenta segni di disidratazione, prostrazione e, spesso, vomito. Una complicazione comune è l’edema polmonare.
Il soggetto può giungere a morte rapidamente, dopo essere entrato in coma. Fortunatamente, però, l’entità dei segni clinici è variabile e la maggior parte dei cani colpiti recupera in alcuni giorni con idonea terapia di sostegno.
Terapia e prevenzioneNon c’è una cura specifica per eliminare i virus. Se l’intervento del veterinario è tempestivo, i cani malati possono essere guariti con perfusioni endovenose di fluidi addizionati di destrosio, cloruri e potassio oppure, in soggetti in cui il vomito è assente, con soluzioni orali elettrolitiche.
L’impiego di antibiotici, antiemetici, sieri iperimmuni e interferone deve essere valutato in relazione ai singoli casi.
Alimenti ed acqua vanno sospesi sino alla scomparsa del vomito, quindi il cane dovrebbe assumere una dieta iposodica per una o due settimane e poi ritornare gradualmente alla normalità.
La classica soluzione preventiva è la vaccinazione dei cuccioli (con vaccino a virus inattivato) fra le cinque e le otto settimane di vita, con un richiamo ogni due/quattro settimane (fino al quinto mese di età), a un anno e, successivamente, ogni anno.
SuggerimentiSorvegliare regolarmente le feci del proprio cane, è il solo modo per individuare la parvovirosi, ma anche di sapere se l’alimentazione che gli viene somministrata è
adeguata. La parvovirosi è una malattia altamente contagiosa, occorre pertanto assolutamente isolare l’animale sospetto.
Superfici, strutture, attrezzature, ciotole, scarpe, contaminate dovrebbero essere disinfettate con soluzioni concentrate di ipoclorito di sodio (diluizione 1:30) o analoghe sostanze.
Domenico Roberto Centola -Dirigente Veterinario AUSL BA/4